Bunker Fuels oggi e domani

Benvenuto nel Blog dedicato ai carburanti navali, anche chiamati Bunker Fuels,
una famiglia di prodotti che in Italia vende 3,4 milioni di tonn/anno corrispondenti al 5% del consumo totale di prodotti petroliferi del Paese (dati 2009). Poca cosa in rapporto al turnover delle navi nei porti nazionali, pochissima se confrontata con gli erogati marina di altri Paesi UE (Rotterdam 13,4mln di tonn, Gibilterra 4,5 Pireo 3,2 ecc). Segno di scarsa efficienza/ competitività del sistema di rifornimento italiano. Trascurato dalle Oil-Companies che non hanno investito in questo business, svalorizzato da Clienti Navali attenti solo al prezzo più basso.

Ma questo Blog è sopratutto rivolto al futuro, ormai vicino. Già impegnato a usare fuels a basso zolfo in porto e nelle acque costiere il trasporto navale avrà un obbligo di decarbonizzazione anche globale, purtroppo con costi crescenti. L'offerta di carburanti alternativi a basso impatto (NLG, Biorinnovabili, ecc) e di Scrubbers (dispositivi di lavaggio dei gas di scarico) sono le due sole direttrici tecnologicamente mature oggi percorribili.

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mercoledì 17 novembre 2010

Verso un Supplier's Market

Definita come l’evento più importante nella storia del bunkeraggio marina dopo il passaggio dal carbone al petrolio, la roadmap di riduzione degli inquinanti atmosferici navali che IMO (regolatore marittimo ONU) ha varato a Ottobre 2008 e la UE si prepara a integrare nella Direttiva "zolfo" (la 1999/32/EC e modifiche successive) promette di essere ben più che una preoccupazione per raffinatori e armatori visti gli obiettivi: zolfo non oltre 0.50% ovunque dal 2020 (o al più tardi 2025) e addirittura 0,10%  nelle acque di tutela ambientale (le “ECA”), attualmente Mar Baltico, Mare del Nord, Canale della Manica, a partire dal 2015.
Tutto questo mentre l’economia mondiale attraversa la crisi recessiva  peggiore dell’era postmoderna, con il trasporto via mare stretto tra eccedenza di capacità e calo della domanda di movimentazione delle merci, in particolare containerizzate.
L’allineamento alle prescrizioni dell’IMO costerà molto caro sia a terra che in mare , per questo non è difficile pronosticare un duro braccio di ferro tra raffinatori e armatori su quale tra i sue schieramenti dovrà sostenere il costo degli investimenti necessari rispettivamente a desolforare il residuo ovvero lavare il gas di scarico o riconfigurarsi a LNG. Dietro di loro i politici, i legislatori ai quali spetterà di fissare il calendario di implementazione e perimetrare i tratti di mare dove imporre una durezza normativa maggiore. 
E se l’introduzione dell’1.00% nelle ECA non ha richiesto altro che  qualche cautela qualitativa in più, sarà lo switch a 0.10%  nel 2015 la vera prova di tenuta operativa ed economica del sistema, in particolare se le ECA nel mentre si saranno moltiplicate. Negli altri mari, quelli “non-tutelati” il sulphur cap a 3.50% dal 2012 non cambierà di molto gli assetti, ma la discesa drastica allo 0.50% nel 2020 (o 2025) è un vero e proprio salto nel vuoto , probabilmente possibile solo con il ricorso ai sistemi di depurazione dei gas di scarico , gli scrubbers, impianti  ancora costosi (2-3 mln di $) e ingombranti, oppure allo switch da olio combustibile a gas naturale (NLG), scelta anche questa impegnativa per gli investimenti a bordo ma soprattutto nella logistica portuale del tutto incapace di rifornire questo carburante.
E veniamo al mercato del bunker in Italia. L’erogato vale oggi  3,4 mln di tonn/a, con Genova in testa (1.2mln) seguita da Livorno (0.5), Augusta(0.4), Napoli(0.4),Venezia e a seguire Trieste,Ravenna,Taranto, Spezia e Civitavecchia. Dieci le stazioni di rifornimento dotate di stoccaggio in loco con altre sei satelliti di queste tra cui Savona, Bari, Palermo,ecc. 
Un erogato non certo all’altezza del traffico navale che ruota nei porti nazionali: si pensi che Gibilterra da sola eroga oltre 4 mln di tonn, Rotterdam (campione europeo) 13 mln e Singapore , n°1 mondiale,ben 37 mln di tonn/anno a fronte di un totale planetario sui 200mln di tonn . Market share modesta conseguenza della fortissima domanda che per tanti anni ha richiamato verso l’uso terrestre (termoelettrico) gli oli combustibili di produzione nazionale lasciando al bunkeraggio le sole produzioni di Augusta e Livorno per loro natura più adatte a questo scopo. Soltanto a partire dagli anni novanta questo quadro ha iniziato a modificarsi in conseguenza del repowering di molte centrali indotto dalla liberalizzazione del mercato elettrico (che  stimolava competitività tra produttori) e per la svolta ambientalista (pro-gas naturale). La domanda di olio per termoelettrica  è così precipitata dai 20mln di tonn  di vent’anni fa agli appena 5 odierni, e la discesa prosegue ancora.
Diventate lunghe di residuo, le raffinerie italiane -specie quelle interne- sono corse ai ripari  potenziando gli impianti di conversione e/o  gassificando il tar, nel tentativo di riequilibrare il portafoglio. La produzione di OC ha iniziato allora a proporsi sul mercato del bunker nazionale da raffinerie costiere (Venezia-Taranto) ma anche da quelle interne eccedenti (San Nazzaro,Trecate,Cremona,Mantova) tanto che l'erogato italiano dal 2000 ha iniziato un trend di crescita abbastanza in linea con l’espansione della marineria mondiale.
E’ in questo contesto che si inserisce la nuova , impegnativa roadmap IMO/Marpol(VI).  Per gli operatori, Raffinatori e Armatori, è il momento di iniziare a far sentire la propria voce: per orientare il legislatore a scelte compatibili e sostenibili, senza fughe in avanti che potrebbero  costare molto care.  Il mercato dei noli è globalizzato, molto competitivo, e non remunererebbe oneri ambientali localizzati.
Per gli altri, cioè per coloro che non hanno parte attiva nel bunkeraggio marina ma operano in settori contigui  inizia un periodo di attenzione a cogliere opportunità di  maggiore profitto: la roadmap IMO scuoterà il sistema logistico e potranno aprirsi varchi di business difficilmente ripetibili.
Lo spostamento di domanda verso  prodotti più “puliti” modificherà gli economics del business: il differenziale di zolfo degli IFO-380(1% vs 3.5%) passerà dai 20$/tonn attuali a ben oltre i 100$/ton, quello tra gasolio e OC (attualmente sui 200$/tonn) salirà a oltre 300$/ton ed infine il delta Cif/Fob raddoppierà da 20 a 40$/tonn in conseguenza del maggio costo dei noli. Con disponibilità strutturalmente corta e  logistica alle corde  la filiera diventerà molto più supply-driven di oggi: così la fornitura  term farà  premio su quella spot, quella affidabile  sarà a premio su quella  meno sicura. Stazioni di bunkeraggio dove il rifornimento è efficiente, sicuro e di qualità  saranno vincenti in un mercato diventato del fornitore. L’opposto di quanto  avviene oggi con gli armatori  soltanto interessati  ad acquistare spot  all'ultimo momento nello scalo che offre il prezzo più basso, "tanto il rifornimento si trova sempre e ovunque".
Un modo di approvvigionare il carburante destinato a cambiare ben presto pena colpi durissimi all'economia di gestione dell'unità navale.