Bunker Fuels oggi e domani

Benvenuto nel Blog dedicato ai carburanti navali, anche chiamati Bunker Fuels,
una famiglia di prodotti che in Italia vende 3,4 milioni di tonn/anno corrispondenti al 5% del consumo totale di prodotti petroliferi del Paese (dati 2009). Poca cosa in rapporto al turnover delle navi nei porti nazionali, pochissima se confrontata con gli erogati marina di altri Paesi UE (Rotterdam 13,4mln di tonn, Gibilterra 4,5 Pireo 3,2 ecc). Segno di scarsa efficienza/ competitività del sistema di rifornimento italiano. Trascurato dalle Oil-Companies che non hanno investito in questo business, svalorizzato da Clienti Navali attenti solo al prezzo più basso.

Ma questo Blog è sopratutto rivolto al futuro, ormai vicino. Già impegnato a usare fuels a basso zolfo in porto e nelle acque costiere il trasporto navale avrà un obbligo di decarbonizzazione anche globale, purtroppo con costi crescenti. L'offerta di carburanti alternativi a basso impatto (NLG, Biorinnovabili, ecc) e di Scrubbers (dispositivi di lavaggio dei gas di scarico) sono le due sole direttrici tecnologicamente mature oggi percorribili.

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giovedì 2 dicembre 2010

Gas (LNG) e Scrubbers nello Shipping “Eco-friendly”. Parte 1

Come noto il settore trasporti nelle sue tre articolazioni terrestre, marittima ed aerea concorre per il 23% alle emissioni globali di gas climalterante (GHG) ed è quello col gradiente di crescita maggiore per via della motorizzazione di massa in atto nel continente asiatico e per la espansione continua di marina e aviazione tanto che l’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia) prevede il raddoppio del loro consumo energetico e delle emissioni al 2050. Altrettanto nota è la sua fortissima dipendenza dal petrolio, di fatto non sostituibile con fonti non-fossili se non in misura marginale almeno nel medio periodo, una prospettiva che sottolinea la fragilità di queste utenze, difficili da piegare alla ecocompatibilità , esposte a vulnerabilità di approvvigionamento.
Non altrettanto risaputo è invece che nell’ambito del trasporto Shipping e Aviation siano fuori dal Protocollo di Kyoto e ancora privi di una disciplina globale. Le due Agenzie ONU preposte e cioè ICAO per l’aviazione ma sopratutto IMO (marina) sono tuttora alle prese con la difficile quadratura tra sostenibilità e sviluppo che divide i Paesi ad economia avanzata da quelli in evoluzione. Se ne è avuta evidenza clamorosa alla Conferenza ONU sul Clima di Copenhagen a dicembre scorso quando l’obiettivo di includere queste emissioni nel post-Kyoto (il Protocollo scade col 2012) è stato mancato, e i contrasti potrebbero tornare al pettine a Cancun  tra pochi giorni.  La diatriba è sui princìpi. Da un lato vi sono i sostenitori della “common and equal responsability” che vuole mobilitare tutti i Paesi membri ONU alla riduzione dei GHG, sia pure in misura diversa.  Dall’altro i propugnatori della “common but differentiated responsability” secondo i quali la riduzione planetaria dei GHG spetta solo ai Paesi avanzati. Da quelli emergenti, che devono poter progredire, (ed emettere) impegni di eco-tutela solo se e nella misura finanziata dai primi.

E veniamo all’Europa Comunitaria. Qui il trasporto via terra assorbe 1/3 del consumo totale di energia  ed emette il 25% di tutti i GHG. 1/5 di questi proviene da navi ed aerei , con un trend di crescita tale da prevedersene il raddoppio al 2020 se non plafonati.  Per questo la UE si è dotata di una strategia  di riduzione dei gas da “transport fuels” basata sul patto climatico “20-20-20” (al 2020) che mobilita efficienza energetica, uso delle fonti rinnovabili e riduce le emissione dei GHG.
Due le Direttive di riferimento. L’una sui fuels(anche)marina (la 1999/32 emendata dalla 2005/33) che regola il contenuto di zolfo, l’altra (la 2008/ 101) sui GHG avio che istituisce un sistema di “cap-and trade” dei diritti di emissione sulla falsa riga dell’ETS terrestre. Entrambe le Direttive sono già operative in Italia. Da notare che mentre la Direttiva “avio” è già allineata alla analoga in gestazione presso l’ICAO, quella “shipping” è invece un insieme poco omogeneo che necessita di una rivisitazione importante per potersi armonizzare alla IMO e regolare tutti i GHG, sia quelli di fall-out sulle fasce costiere (SOx, NOx, PM) sia la CO2  che impatta sul global warming ovunque.
 E’ quanto la Commissione UE si appresta a fare anche avvalendosi di una “public consultation” già lanciata, aperta agli stakeholders fino al 5.1.2011. (http://ec.europa.eu/environment/pdf/sulphur.pdf)


In parallelo, a Ottobre 2008 , IMO ha varato una serie di emendamenti all’Annex VI della Marpol già entrati in vigore il 1 Luglio scorso. Includono una roadmap di riduzione del contenuto di zolfo dei carburanti mirata ad abbattere gli SOx, e un “technical code” che limita le emissioni di NOx dai diesel navali costruiti nell’ultimo decennio (Tier I) e negli anni a venire (Tier II e III).
Si vede dunque quanto sia opportuno che la normative europea recepisca queste disposizioni ad evitare che paesi membri EU anche firmatari IMO/ Marpol VI si trovino in conflitto con disposizioni continentali incoerenti.

Assumendo che la UE effettui questo allineamento, la traiettoria di riduzione dello zolfo nei carburanti navali passerebbe attraverso gli steps seguenti:

Zolfo %max in aree ECA:  da  1.5    a  1.00  dal   1.7. 2010   (già operativo)
                                          da  1.00  a   0.10  dal   1.1.2015

Zolfo % max fuori   ECA:   da   4.5    a  3.50  dal   1.1.2012
                                          da  3.50   a  0.50  dal   1.1.2020  (2025 se critico)

in alternativa all’uso di fuels a basso zolfo sarà consentita  la depurazione a bordo dei gas di scarico con dispositivi di lavaggio (EGCS o “Scrubbers”) purchè preventivamente certificati idonei. Infine verrebbe recepita la versione aggiornata dello standard ISO che rende più stringente la qualità dei carburanti navali(ISO-8217/2010), ed alcuni metodi di analisi associati.
Naturalmente la roadmap dello zolfo solleva dubbi pesanti sulla disponibilità futura di ultralow-sulphur fuels idonei e sul loro maggior costo. I due step al 2015(ECA) ma soprattutto quello al 2020/25(Globale)sono infatti dei veri e propri salti nel buio e non solo per il rischio di reperibilità di fuel adatti. Esiste infatti anche un pericolo “modale”, cioè che –paradossalmente- quote di trasporto in short-sea shipping tornino su strada o ferrovia spinte dal maggior costo del carburante navale –che si tradurrà in tariffe più salate- quando col 2015 l’IFO-380 (olio combustibile) dovrà essere sostituito da MGO(Gasolio) nell’attraversamento delle aree ECA (Baltico, Mare del Nord,  Canale della Manica). Rischio da 2-300$/tonn che interesserà anche il mediterraneo europeo se passasse l’idea di equiparare ad ECA le acque territoriali costiere della UE.
Stretti tra maggior costo, insicurezza di reperimento del fuel e vincoli di emissione gli armatori dovranno allora fare scelte di strategia difficili. Due le opzioni tecnologicamente mature per uscire dalla tenaglia:  l’impiego di Gas Naturale Liquefatto (NLG) e il ricorso agli Scrubber.  L’una o l’altra con pro e contro a seconda della modalità di esercizio del vettore. Senza dimenticare che prima o poi anche le emissioni navali entreranno in un sistema di scambio ETS come appena avvenuto per l’aviazione, sistema che genererà crediti o debiti di CO2 monetizzabili che potranno fare la differenza in termini di competitività in mercato tra operatori  più o meno lungimiranti e preparati.
A Scrubbers e NLG, alle sperimentazioni, ai risultati di campo e ai loro economics daremo ampio spazio in un prossimo intervento su queste pagine.

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